Questo sito usa i cookie di terze parti per migliorare i servizi e analizzare il traffico. Le info sulla tua navigazione sono condivise con queste terze parti. Navigando nel sito accetti l'uso dei cookie.

“Non è bene che l’uomo sia solo” (Genesi 2,18). Questa considerazione, fatta da Dio circa il primo uomo nel libro della Genesi, riflette la convinzione ebraica che, idealmente, ogni uomo e ogni donna dovrebbe trovare un partner e sposarsi.

 

Il Talmud sostiene che 40 giorno prima che un bambino sia concepito, una voce celeste già dichiara chi questi un giorno sposerà. Nella lingua yiddish la persona che un uomo è destinato a sposare è chiamata Bashert, cioè “partner o anima gemella a cui destinata” Il percorso da intraprendere per sposarsi, com’è descritto nel Talmud, è costituito da due parti: il fidanzamento o Kiddushin, seguito dal matrimonio o Nisuin, Nel Talmud il periodo che intercorre tra queste due tappe è di 12 mesi. La prima tappa (Kiddushin) si apre con una cerimonia chiamata Erusin, nella quale i componenti della coppia si riconoscono legati l’uno all’altro. Durante l’anno che segue, la coppia prepara la propria casa e si dispone al matrimonio. Alla fine dell’anno, durante la cerimonia di Nisuin, si svolge il matrimonio vero e proprio.
Anche se alcune coppie continuano a vivere un periodo di fidanzamento, oggi le tappe del Kiddusin e Nisuin si svolgono nella medesima cerimonia nuziale.

La cerimonia nuziale
E’ usanza comune per la sposa e lo sposo non incontrarsi durante la settimana che precede il matrimonio. Questo rende il momento in cui la coppia si incontra nel giorno delle nozze particolarmente romantico.
La sposa, durante le nozze, indossa un velo. Il rito in cui si pone il velo alla sposa (Bedeken) viene tradizionalmente celebrato poco prima del matrimonio: è lo sposo stesso che pone il velo sul capo della moglie. La cerimonio nuziale prevede che la sposa e lo sposo stiano in piedi sotto un baldacchino supportato da quattro pali (Chuppah). Esso è simbolo della famiglia che coppia costruirà ed è spesso ornato di fiori. Dopo che sono state recitate alcune benedizioni sopra un bicchiere di vino, lo sposo dona l’anello alla sposa e, infilando sul suo dito, recita la seguente formula: “Ecco, tu sei santificata a me secondo la Legge di Mosè e Israele”. Il rabbino quindi legge il contratto matrimoniale (Ketubah). Questo documento, scritto in aramaico, mette in chiaro gli obblighi del marito nei confronti della moglie sia durante il matrimonio, sia in caso di divorzio. Risalente a migliaia di anni fa, la formula del contratto è sempre stata particolarmente importante a motivo di garanzie assicurate alle donne. (…) Dopo la lettura della Ketubah vengono recitate altre sette benedizioni per il futuro della coppia e viene venuto il vino.
Va tenuto presente che nella tradizione ebraica, dopo la distruzione di Gerusalemme e del Tempio, nessuna celebrazione è priva di una vena di tristezza. Per tale ragione, anche il rito nuziale termina con la rottura di un bicchiere, segno che il mondo non ha ancora raggiunto la perfezione. (…)
E’ tradizione, nella settimana che segue il matrimonio, che vengono organizzate feste per gli sposi novelli in casa di parenti e amici (Sheva berachot – sette benedizioni).

Fonte: "per conoscere l'ebraismo" di Daniel Taub