Questo sito usa i cookie di terze parti per migliorare i servizi e analizzare il traffico. Le info sulla tua navigazione sono condivise con queste terze parti. Navigando nel sito accetti l'uso dei cookie.

Di Rav Alberto Sermoneta
Tisha Beav 5779

Il periodo che va dal Rosh chodesh Av fino a mezzogiorno del giorno successivo al digiuno, è considerato il periodo più doloroso in assoluto della nostra storia.

Nella mishnà di Taanit, troviamo detto:
"mishenikhnas av memaattim be simchà - da quando entra Av diminuisce la gioia"; infatti, se tutto il periodo che va dal 17 di tamuz al 9 di av è chiamato "ben ha mezzarim - fra le ristrettezze" e ci si astiene da cose gioiose e feste, la parte finale di esso è ancor più luttuosa.
C'è addirittura chi usa non fare il bucato, ed è proibito tagliare i capelli, le unghie, farsi il bagno al mare e c'è persino chi si astiene dal farsi il bagno (di pulizia) intero, all'infuori del venerdì in previsione dello Shabbat. In questi giorni ci si astiene dal mangiare cibi a base di carne e bere vino - come segno di grave lutto - ad esclusione dei pasti di Shabbat, in cui è permesso mangiare e bere a volontà.

Quest'anno il 9 di av, cade proprio di Shabbat e per questo, il digiuno è posticipato al giorno successivo. Infatti, nonostante sia il 9 di av, quello Shabbat deve essere considerato come tutti gli altri sabati; è permesso quindi mangiare carne e bere vino a volontà, per tutti i tre pasti, persino nel pasto col quale prendiamo il digiuno.
Lo shabbat che precede il digiuno, è chiamato "Shabbat chazon" poiché prende il nome dalla haftarà che viene letta in essa e che inizia con le parole "chazon Jeshajahu - visione di Isaia" (Isaia 1;1) in cui viene profetizzata la distruzione del Tempio e l'esilio del popolo ebraico.

Anche se è Shabbat, si usa cantare le tefillot con un tono mesto, come segnale che in quella settimana cade il digiuno.
Circa mezz'ora prima dell'uscita di Shabbat, si smette di mangiare e bere, non prima di aver consumato la seudà shelishit - terzo pasto sabatico, mangiando (solo nel caso di quest'anno) carne e bevendo vino; la Halakhà dice, come se fosse il pasto del re Salomone.
Il digiuno inizia al tramonto ma all'uscita delle stelle, con la fine dello Shabbat, non si fa la havdalà completa ma solo la benedizione sul fuoco, per poter accendere poi delle candele, con cui è uso leggere il libro di Echà - le Lamentazioni. È un uso prettamente italiano, conservare quelle condele per poi, quando cadrà la festa di Chanukah, accenderci per le otto sere, la lampada di chanukah, secondo ciò che è scritto: "me afelà le orà - dalle tenebre (tishà be av alla grande luce (la festa gioiosa di chanukah).
Durante tutto il digiuno, ci si astiene da cinque azioni: mangiare (e bere) lavarsi, indossare scarpe di cuoio, ungersi o mettere profumi, avere rapporti coniugali ed è persino proibito salutarsi.
Le tefillot di tutta la giornata, sono recitate al buio, stando seduti in terra o su bassi sgabelli; la mattina non si indossano il talled, né i tefillin. 
Soltanto nella preghiera pomeridiana si indossano nuovamente talled e tefillin e si riaccendono le luci della sinagoga, in quanto secondo ciò che è scritto nel libro di Geremia, dopo mezzogiorno le fiamme che bruciavano il Tempio si abbassarono e questo può considerarsi un segno divino di riappacificazione con il Suo popolo.
All'uscita del digiuno, dopo la tefillà serale, si fa la havdalà (che si sarebbe dovuta fare all'uscita di Shabbat) e si fa "birkat ha levanàsi" la benedizione sulla nuova luna. Si usa, anche se il digiuno è terminato, astenersi dal mangiare carne e bere vino, per concludere la giornata luttuosa. L'indomani, fino all'ora di pranzo, non si mangia carne. In quel momento, secondo un uso cabbalistico, il mese di av, cambia nome in Menachem - il consolatore, poiché il Signore D-o cambia le sorti del popolo da negative a positive.
Infatti, secondo un racconto della mishnà di Taanit, non vi era giorno più felice del 15 di av e di Jom ha Kippurim, in cui le giovani ragazze da marito, vestite di bianco, si aggiravano per le strade di Gerusalemme, e cantando e suonando con dei tamburelli, si rivolgevano ai giovani ragazzi invitandoli a rivolgere loro uno sguardo e sceglierle come mogli, per costituire famiglie ebraiche.
Possa il Signore D-o ricompensare il nostro lutto per Gerusalemme, facendoci gioire nel vedere la ricostruzione di essa e del Bet ha Miqdash.