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Secondo i rabbini, la casa che la coppia costruisce è come un piccolo santuario (Mikdash me’at). Il termine deriva dalla tradizione secondo la quale, dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme, la sua santità si sarebbe trasferita alla casa ebraica.

Chi entra in una casa ebraica nota una serie di tratti distintivi: sullo stipite della porta, a destra, è appeso un piccolo e elegante astuccio, la Mezuzah. Esso contiene dei passaggi della Torah scritti su pergamena e riprendere il test del Deuteronomio 6,9 secondo il quale “questi precetti che oggi ti do… li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte”.
Un altro luogo significativo della casa ebraica è la cucina, nella quale l’esigenza di tenere carne e latticini in piatti e pentole separati, implica, di solito, l’esistenza di più di una credenza e di due lavandini.
Nel preparare la dimora, gli sposi sono invitati a lasciare una piccola parte della casa “incompiuta” (una parte della parete, ad esempio, non viene dipinta), per ricordare che senza il Tempio la vita ebraica è incompleta.


Fonte: Per conoscere l'ebraismo di Daniel Taub