Questo sito usa i cookie di terze parti per migliorare i servizi e analizzare il traffico. Le info sulla tua navigazione sono condivise con queste terze parti. Navigando nel sito accetti l'uso dei cookie.

Di rav Alberto Sermoneta

Le tre parashot che si leggono prima di Rosh ha shanà, sono:
Ki tezzè, Ki tavò, Nizzavim.

Nelle tre parashot, vengono elencate le mizvot che il popolo ebraico ha il dovere di osservare una volta che è entrato in possesso della Terra Promessa:
- Le guerre da combattere – quelle di liberazione del territorio, obbligatorie; quelle di espansione – facoltative – che hanno invece lo scopo di ingrandire il territorio stesso;
- Il comportamento da tenere verso i prigionieri di guerra e gli obblighi nei loro confronti;
- Coloro che sono atti alla guerra e chi invece, non essendolo, deve restare a casa per non influenzare gli altri.
Soprattutto però, nelle tre parashot, viene sottolineata la disciplina morale che il popolo deve mantenere per vivere nella Terra di Israele in pace e in sicurezza.
Analizzando invece il significato letterale dei tre termini che danno il nome alle tre parashot, i Maestri della tradizione esegetica, ci fanno far caso a qualcosa che caratterizza il comportamento di un essere umano, e che deve così influenzare il nostro comportamento in un periodo così importante dell'anno per il nostro popolo.
Ki tezzè – quando uscirai: vi è l'allusione ad un comportamento adolescenziale, in cui sicuro di sé, ma soprattutto pieno di arroganza, un giovane abbandona la casa paterna dimenticando gli insegnamenti dei suoi genitori, sicuro di poter essere all'altezza di ogni situazione che gli si presenti.
E' un momento della vita in cui ci si sente forti, padroni di se stessi e del mondo, con l'arroganza che ci acceca a tal punto da non aver rispetto di niente e di nessuno.
Ma subito dopo però, seppur con tanti “buoni” proponimenti, ci si accorge che non si ha la forza morale per poter continuare su quella strada, e non si riesce a far fronte nemmeno al più piccolo ostacolo.
E quindi...
Ki tavò – quando giungerai: subito il richiamo del sangue, della coscienza, le sue radici lo riportano a rivedere la sua posizione piena di arroganza; vi è la necessità di un qualcuno, appartenente sempre a quelle radici che fino a quel momento gli è stato vicino, di tornargli ad esserlo. Non si può sradicare totalmente una piantagione senza che venga lasciato il minimo segno.
Per quanto al momento della nostra nascita possa venirci reciso il cordone ombelicale è impossibile cancellarne ogni traccia.
Rimane pur sempre una cicatrice che nel momento in cui ci troviamo da soli con noi stessi, per vestirci o svestirci, ci è davanti e ci ricorda inconfutabilmente la nostra origine.
Quindi...
Nizzavim starete: il termine Nizzavim, vuol dire stare dritti in piedi, sottomessi ad ascoltare qualcosa, un insegnamento anche duro o crudo di qualcuno che però ci ama e vuole il nostro bene.
Un buon padre, degno di questo nome ha anche il dovere a volte di saper dire di no e di essere duro nei confronti dei propri figli, per il loro bene affinché essi comprendano la giusta strada da seguire.
Tutto ciò può essere paragonato ai giorni della Teshuvà, i giorni del ritorno, che ci accingiamo ad affrontare subito appena entrato il nuovo anno, proponendo un serio bilancio preventivo del nostro comportamento.
Dopo esserci allontanati dalla casa paterna ed esserci resi conto dei nostri errori, ci accingiamo a far ritorno ad essa promettendo al “Padrone di casa” di far sì che certi atteggiamenti non si ripetano più.
Il “Padrone di casa”, non è soltanto il Signore Iddio, il “Padrone di casa” sono anche i nostri genitori che hanno dato la loro vita per insegnarci le tradizioni millenarie del nostro Popolo e che nel lasciarci per sempre, si sono raccomandati con l'ultimo filo di fiato di non abbandonare mai la Torà e l'Ebraismo, principi per cui a loro volta, i loro cari hanno offerto la vita durante la Shoah, che ha tentato di sterminare tutto il nostro popolo.
Cerchiamo per una volta di renderci conto delle nostre azioni, assumendocene tutta la responsabilità, senza accusare altri, inconsci di quali colpe siano stati accusati, per trovare un alibi che giustifichi il loro comportamento.
Facciamo in modo che il nuovo anno che sta entrando sia all'insegna, se non dell'amore fra fratelli, almeno della chiarezza e del rispetto per se stessi e per il prossimo, affinché, rispettandoci fra di noi anche coloro che non appartengono al nostro Popolo, possano aver rispetto per il nostro popolo.
SHANA' TOVA'
Rav Alberto Sermoneta