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Di Rav Alberto Sermoneta

"Shelakh lekhà anashim……. Manda per te degli uomini, affinchè visitino la terra di Canahan che Io sto per darvi"

Con queste parole inizia la parashà che leggeremo questo shabbat.
I commentatori si chiedono il motivo per cui il Signore dice a Moshè "per te". Infatti, le mizvot non vengono mai comandate dal Signore per qualcuno; quel "per te" sembrerebbe più un consiglio che un imperativo.
Infatti, il midrash racconta che il popolo o almeno una parte di esso, si rivolse a Moshè, in modo violento, chiedendogli di mandare una delegazione a perlustrare la futura Terra di Israele.
Moshè non sapendo dare una risposta, chiede a D-o come fare.
D-o si adira per la mancanza di fiducia da parte del popolo verso di Lui, ma si adira anche contro Moshè.

Di Rav Alberto Sermoneta

L’episodio preponderante della parashà è quello che narra dei dodici esploratori che vengono mandati da Mosè, su richiesta del popolo, a visitare la Terra Promessa.
La storia è nota a tutti: essi, tornando dalla missione, riferiscono al popolo che la Terra è realmente fertile, come detto dal Signore ad Abramo, fino a Mosè, ma i suoi abitanti sono giganti ed i suoi prodotti hanno delle dimensioni enormi. Tutto ciò, secondo l’opinione di dieci di essi tranne Giosuè e Calev, i quali, consolando il popolo, cercano di far capire loro che sicuramente riusciranno a conquistare la terra.


Di Rav Alberto Sermoneta

La parashà che leggeremo questo shabbat, narra la vicenda dei “dodici esploratori”, assai nota, in cui viene raccontata la spedizione di dodici uomini, che si recano nella terra di Israele, dietro richiesta del popolo, ad esplorarla.
Il loro ritorno è assai drammatico, in quanto gli esploratori portano con se dei frutti che hanno raccolto, per mostrare al popolo la loro grandezza che testimonia che la terra è abitata da giganti.
Il popolo si spaventa e manifesta terrore, chiedendo di ritornare in Egitto, dove almeno lì avrebbero mangiato gratis e in abbondanza.
Il Signore li punisce e decreta che per quaranta anni – un anno per ogni giorno di permanenza nella terra – resteranno nel deserto e che la generazione uscita dall'Egitto non entrerà nella terra di Israele, all'infuori di Giosuè e Calev, che avevano si confermato le parole degli altri esploratori, ma avevano fatto notare che il Signore li aveva sempre sostenuti, e anche questa volta sarebbe stato così.


Di Rav Alberto Sermoneta

“Manda per te degli uomini e visitino la Terra di Canaan che Io do ai figli di Israele…..”

Con queste parole inizia la parashà di questo shabbat; essa narra interamente del viaggio dei “dodici esploratori” nella Terra che diverrà poi la Terra di Israele, come il Signore D-o aveva promesso di dare al popolo sin dai tempi dei Patriarchi.
L’espressione iniziale “shelach lekhà” denota già da parte del Signore, una posizione contraria a quella del popolo, che pretende che qualcuno visiti la terra, prima di iniziare le guerre di conquista.
Infatti, sia Rashì che altri commentatori, spiegano il termine “lekhà – per te” dicendo che è per “quello che tu e che il popolo ha chiesto” che Io ti ordino di mandare ad esplorare la Terra.


Di Rav Alberto Sermoneta

L’episodio preponderante della parashà che leggeremo questo shabbat è quello che narra dei dodici esploratori che vengono mandati da Mosè, su richiesta del popolo, a visitare la Terra Promessa.La storia è nota a tutti: essi, tornando dalla missione, riferiscono al popolo che la Terra è realmente fertile, come detto dal Signore ad Abramo, fino a Mosè, ma i suoi abitanti sono giganti ed i suoi prodotti hanno delle dimensioni enormi. Tutto ciò, secondo l’opinione di dieci di essi tranne Giosuè e Calev, i quali, consolando il popolo, cercano di far capire loro che sicuramente riusciranno a conquistare la terra.L’espressione che gli esploratori riferiscono al popolo è la seguente: “vicini a loro noi sembravamo delle cavallette e così loro ci consideravano”.


Di Rav Alberto Sermoneta

“ Shelach lekhà anashim ve jaturu et eretz Chena’an” “manda per te degli uomini che visitino la terra di Canaan”
E’ in questo modo che inizia la parashà che leggeremo questo shabbat e che prende appunto il nome dall’ordine impartito da D-o a Mosè “Shelach lekhà”.
I commentatori ribattono dicendo che avrebbe potuto dire soltanto “shelach anashim” “manda degli uomini”; perché allora il Signore aggiunge lekhà – per te, a tuo favore?
Una espressione analoga la troviamo nel libro di Bereshit, quando il Signore comanda ad Abramo di abbandonare la casa paterna di Ur, e gli dice “lekh lekhà me artzekhà….” “vattene per te dalla tua terra…”; a proposito di questa espressione, Rashì commenta dicendo: “ a tuo favore, per il tuo bene” quindi Abramo va via dalla terra natale, per ordine divino, per migliorare le sue qualità e per essere il futuro capostipite di un popolo.