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Di Rav Alberto Sermoneta

La Torà ci presenta Abramo, che sarà il capostipite del popolo di Israele e del mondo monoteista.

La grandezza di costui è fondamentale per un cambiamento di pensiero e di comportamento nella civiltà dell’uomo di allora così significativo: il comportamento dei pagani non era deplorevole soltanto perché essi credevano nel politeismo, ma soprattutto perché non vi era, in quelle società, rispetto per l’essere umano e per le varie scale sociali; il potente aveva dominio su tutto e su tutti.
Egli disponeva persino della vita e del destino dei suoi sudditi, offrendoli in sacrificio a chi, egli avesse ritenuto opportuno in quel momento accattivarsi le simpatie ed i favori da ricevere.
Se Noè, di cui abbiamo letto e studiato la storia nella parashà della settimana scorsa, può essere definito uno zaddik – un giusto, perché salva in un certo senso l’umanità dal diluvio universale, Abramo è zaddik, perché oltre ad avere fiducia in D-o (Gen. Cap.15 v.6), ha fiducia nell’Umanità, cercando di trovare negli uomini, anche i più malvagi, una piccola parte di merito (vedi episodio di Sodoma e Gomorra Gen Cap.19 vv. 1 e seg.).
È stato portato un bellissimo esempio, nel commentare i due personaggi biblici, cercando di spiegare il senso del riscaldare.
Ci sono vari modi per potersi scaldare: quello di coprirsi con un cappotto e quello di accendere un fuoco.
Coprendosi con il cappotto, si scalda soltanto colui che lo indossa, mentre accendendo un fuoco, si dà la possibilità di far scaldare anche altri.
Noè, secondo la maggior parte dei commentatori, si scalda indossando il cappotto; ne gode lui e soltanto pochi intimi; Abramo si scalda accendendo un gran falò, per poter dare godimento a chiunque voglia approfittarne.
D'altronde ci sono dieci generazioni di differenza fra i due e con il trascorrere del tempo, l’uomo dovrebbe migliorare nel suo comportamento.

Shabbat shalom