Questo sito usa i cookie di terze parti per migliorare i servizi e analizzare il traffico. Le info sulla tua navigazione sono condivise con queste terze parti. Navigando nel sito accetti l'uso dei cookie.

Di Rav Alberto Sermoneta

" Easefù ve haghida lakhem et asher ikrà etkhem be acharit ha jamim - Raccoglietevi e vi dirò cosa vi capiterà nel lontano futuro".
La parashà di vaichì conclude sia il libro di Bereshit, che la vita dei nostri Patriarchi. Nella parte centrale si sofferma sulla benedizione - profezia che Giacobbe, in punto di morte fa ai propri figli.

Egli li benedice e li redarguisce per ciò che hanno fatto durante la loro vita e proprio in funzione di ciò che hanno fatto, fa capire loro le conseguenze nella vita futura.
Giacobbe conia un termine che sarà quello che i Profeti di Israele useranno nel loro linguaggio:
" acharit ha jamim - il futuro lontano" o come alcuni traducono "la fine dei giorni ".
L'intenzione di Giacobbe quindi, era quella di predire ai figli cosa sarebbe avvenuto alla conclusione della generazione umana - con la venuta del Mashiach.

Il midrash racconta che Giacobbe, arrivato a predire il futuro a suo figlio Giuda - che porterà lo scettro del regno degli ebrei- la Shechinà si allontana da lui non permettendogli di svelare agli uomini, anche se capostipiti delle 12 Tribù di Israele, né quando arriverà, né chi sarà colui che porterà la salvezza all'Umanità.
La morte di Giacobbe prima e quella di Giuseppe dopo, debbono farci riflettere: nessuno dei due, tanto meno Giuseppe che fu viceré, vogliono restare in Egitto dopo la morte.
Giacobbe si fa promettere da Giuseppe che lo seppellirà nella grotta di Machpelà; mentre Giuseppe, predicendo ai figli e ai nipoti l'uscita dall’Egitto, si fa promettere che avrebbero portato le sue ossa verso la Terra di Israele.

Shabbat shalom