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Di Moshè Marco Del Monte

Vaychi Yaakov…E visse Yaakov. È ben noto il commento che afferma che Giacobbe si sentì realmente vivo i primi e gli ultimi diciassette anni vissuti con Yosef, per un totale di trentaquattro, proprio come il valore numerico della parola Vaychi.

Abbiamo già spiegato che la tristezza dovuta alla presunta morte di Yosef, tolse la profezia a Yaakov, così come lui, così ognuno che percepisce la tristezza perde la possibilità di avere delle illuminazioni spirituali. Così come è scritto “Lo Hametim Yehallelu Ka” (Coloro che si sentono come) Morti non potranno lodarti (Salmi 115,17); da qui si impara anche che chi non loda Hashem è considerato come privo di vitalità spirituale e viceversa. A tal proposito ci insegna maestosamente Rabbì Chaym Vital a nome del suo maestro Ariza”l, il giusto atteggiamento per far sì che la nostra tefillà abbia effetto e che gli effetti della tefillà possano avere la capacità di influenzarci. Riporto di seguito un passo del libro Shaar Hakavvanot: “E’ proibito all’uomo pregare con tristezza, poiché se così facesse la sua Anima non potrà ricevere la Luce Superna che si riversa su di lui nel momento della Tefillà […] quindi sia sempre in Simchà […] E quasi il fondamento dell’elevatezza, della completezza e del raggiungimento dello spirito di santità dipende da questo, sia nel momento della tefillà sia quando si compie qualsiasi mitzvà” (Shaar Hakavvanot, Derushè Birchot Hashachar). Infondo noi siamo Benè Israel, figli di quel Yaakov che venne chiamato Israel; quindi, è innata dentro ognuno di noi la capacità di affrontare nel migliore dei modi ogni situazione rimanendo sempre nello spirito di “Vaichy Yaakov”, di sentire dentro di noi quella resilienza e quella forza di ritrovare in ogni circostanza la vitalità e la berachà che deriva da essa. Am Israel Chay!

Shabbat Shalom Umevorach