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Di Marco Del Monte

Shabbat Zachor

Questo Shabbat inizieremo a leggere il terzo libro della Torà, il Sefer Vaykrà. Questo Shabbat, inoltre, viene chiamato Shabbat Zachor, cioè lo Shabbat prima di Purim. In questo Shabbat si leggeranno due Sifrè Torà: uno in cui si leggerà la Parashà settimanale; e nell’altro verrà letto il brano che parla del ricordo dell’infame attacco di Amalek al popolo d’Israel, alla parte più fragile, debole ed indifesa del popolo.

La scelta di tale brano viene fatta poiché, come si può notare nei suoi versi, si descrive la personalità di Amalek e di tutta la sua progenie, che, come sappiamo, include anche il perfido antagonista della storia di Purim, cioè Amman.
Chi legge la scrittura del Sefer Torà si accorgerà che la parola “Vaikrà-E chiamò”, è scritta con una Alef piccola. Ci spiega il Midrash che, quando Moshè scrisse la Torà sotto dettatura di Hashem, nel momento in cui si doveva scrivere “Vaikrà-E Chiamò”, Moshè voleva modificare la scrittura in Vaikar, senza la alef finale. Che differenza c’è fra i due termini? Vaikrà significa chiamare abitualmente come se ci fosse un legame molto stretto fra i due interlocutori, mentre Vaykar, significa chiamare casualmente, ogni tanto, non con frequenza, designando un rapporto meno stretto: Sarà infatti il termine che si utilizzerà per descrivere la chiamata di Hashem a Bilam. Moshè era il più umile di ogni uomo, per questo voleva modificare la scrittura non “atteggiandosi” ad “amico stretto” di Hashem, non si sentiva all’altezza. Cosa può legare quindi questa Parashà a Purim? Come ci spiegano i chachamim una parte di Neshamà di Moshè era racchiusa in Mordechai, acerrimo nemico di Amman. Il perfido avversario di Mordechai, nella sua altezzosità e malvagità, pretendeva che ognuno si inchinasse a lui. Quando verrà chiamato dal re, il quale gli chiese un consiglio su cosa donare ad un benefattore del “Re”, pensa, ovviamente, che solo lui può essere degno di essere il predestinato a ciò, perché nessuno meritava come lui di essere vicino al re ed amico del re. Amman, quindi, incarna l’Anti-Moshè: Uno così umile da non sentirsi adeguato ad essere considerato l’Amico del RE; l’altro, così superbo di credere che solo lui può essere vicino al re. Allla fine, Moshè, con la parte della sua anima presente in Mordechai, affronterà e sconfiggerà ancora una volta la superbia di Amalek e di Amman. La nostra grandezza sta nel sentirsi piccoli, come mi insegnò il mio Maestro, Rav Jehudà Kahaloun Zecher Tzaddik Livrachà, quando guardi dalla parte piccola del binocolo vedi grande; esattamente il contrario avviene se si guarda dal lato opposto.
Shabbat Shalom Umevorach e Purim Sameach